Sul diciannovesimo scalino

Sul diciannovesimo scalino, 2018 – Disegno, grafite su carta Canson, legno, 9 elementi, 156 x 156 x 5 cm cad.

Il titolo dell’opera è una citazione dal racconto “Aleph” di Jorge Luis Borges dove il protagonista, chiusosi all’interno di una cantina immersa completamente nel buio e osservando al di sopra del diciannovesimo gradino della scalinata di accesso, ha l’opportunità di vedere l’Aleph: un punto in cui si può osservare tutto l’esistente e nello stesso istante. Questa idea di fusione dello spazio e del tempo ben si sposava con gli ultimi lavori relativi, come accennavo sopra, all’elemento “punto” come limite e totalità del disegno.  Ho deciso quindi di raccontare questa visione proponendo dei disegni circolari di circa tre centimetri di diametro (proprio come indicato nel racconto), al cui interno fossero presenti immagini relative al mio vissuto, come infondo fa anche Borges essendo in grado di descrivere solo ciò che già conosce.

Ho utilizzato come fondo delle grandi carte nere in cui l’occhio potesse sprofondare e per i disegni la grafite che, per effetto del fondo scuro, da segno grigio diventa metallico e riflettente. Non essendo i fogli illuminati direttamente, lo spettatore deve cercare il disegno spostando lo sguardo fino a che la grafite non riflette la luce e ne rende quindi leggibile il contenuto: proprio come fa il protagonista del racconto, che per poter scorgere l’Aleph deve coricarsi sul pavimento e utilizzare un particolare cuscino che gli permetta di mettere la testa nella giusta inclinazione.

Insomma, il lavoro racconta un cortocircuito tra assenza e presenza, dove il vuoto contiene, negando così se stesso, un unico elemento che ha al suo interno il tutto e quindi il vuoto stesso.

(testo tratto dall’articolo di Artext: http://www.artext.it/Artext/%C5%A0pela-Zidar.html)