Vello

Vello, 2009 – Video installazione, dimensioni variabili

Un moto discendente dall’alto verso il basso, collima con la lasciva gratificazione che si prova quando la forma aggredisce la sostanza, diventando un tutt’uno con la personale e umana sete di soddisfare bisogni vani. Come anticlimax la caducità si pone come raggiungimento di un traguardo nell’atto in cui la vanitas rende visibile il proprio costrutto, all’interno del quale non trova posto la pietas. Venendo focalizzata la ragione da un punto di vista del tutto comportamentale degli atteggiamenti adulanti, da noi verso di noi e verso gli altri, probabilmente in essi avviene un osmosi che dalla vanità potrebbe condurre al concetto di vanitas.

Questo movimento calante viene proposto in Vello, titolo del video in cui anelidi posti all’interno di una fessura, metafora dell’organo genitale femminile però non più visto come emblema della generatrice di vita ma mero buco dal quale non si riesce più ad uscire, declama il momento in cui la carne declina tutta la sua virtù nei confronti di una evasione del tutto materiale. La bellezza sublime della genitrice, ostentando la propria carnalità, diventa “memento mori” che  trasforma la madre nel simbolo della donna fatale, similmente a quello che accade nella trama del film “Prénom Carmen” di Jean-Luc Godard, o nella narrazione della pellicola di David Lynch, intitolata “Blue Velvet”. Quest’ultima racconta di una donna che trascina il protagonista Jeffrey nell’antro di una spirale di dolore che inizia immediatamente dopo il loro primo incontro, avvenuto all’interno della stanza dalle tende rosse. 

Questo colore si ripresenta insieme alla canzone di Bobby Vinton “Blue Velvet”, leitmotiv del film omonimo, anche nel video presentato dall’artista Raffaele Di Vaia che da questa proiezione ha tratto  ispirazione. L’oblio termina in un lieto fine deviante; anche  Jeffrey non esce dalla trama di Lynch come eroe privo di macchia  ma sporcato da un atteggiamento con il quale cerca di soddisfare un bisogno voyeuristico nei confronti di ciò che risulta ferale. Stessa possibile relazione che si pone tra Vello e colui che ne fruisce e che si verrà a trovare in una dimensione di inerte complicità. 

Francesco Funghi (dal testo critico della mostra Omnia vanitas, Studio Chimera, Vinci, Firenze)